Avere più tempo libero a disposizione mi permette di scrivere. Desidero fortemente alleviare la pesantezza di questi giorni dedicandomi alla bellezza: continuo a leggere commenti pesanti rivolti a chi in questi giorni chiede se può avere un profumo o una crema viso. “Pensa a cose importanti”, è l’invito più gentile in cui mi sono imbattuta.
Allora mi è venuta in mente il monito di Jane Birkin:
Quando non ti resta più nulla per il morale, ti rimane solo il superfluo a cui aggrapparti”
Non solo, anche la storia che state per leggere, che parla del Rossetto.
Una delle prime tracce di rossetto risale a ben prima di Cleopatra, che ne faceva un uso smodato. La seconda fan fu Elisabetta prima Tudor, la regina Vergine. Non è affatto escluso, infatti, che sia stata proprio l’abitudine cosmetica della Regina Elisabetta I ad ucciderla. Quando è stata trovata morta, le sua labbra erano infatti impastate di rosso e riportavano particolari ferite. Forse proprio per questo motivo, dopo Elisabetta I, i rossetti furono banditi e ritenuti segno, addirittura, di stregoneria. Pare che nel 1770, in Inghilterra, se una ragazza avesse indossato il rossetto rosso e “sedotto gli uomini”, avrebbe automaticamente annullato il proprio matrimonio. Ben più rapido e meno dispendioso di un divorzio no? Al contrario, nello stesso periodo, in Francia portare il rossetto rosso e truccarsi abbondantemente era segno di nobiltà. I look au naturel erano riservati al popolo e alle prostitute.
Per avere una svolta bisogna aspettare fondamentalmente la fine dell’800. È stato il cinema, infatti, a mettere innanzitutto in connessione popoli che, evidentemente, avevano tradizioni opposte. La star francese Sarah Bernhardt, infatti, indossava sempre il rossetto rosso, non destando particolare scandalo in Francia – ma non così nel resto del mondo. Lei, comunque, lo riportò in voga e nel 1915 nacquero i primi stick (prima la mistura colorata veniva portata o in un fazzoletto di seta o in una scatolina) con contenitori metallici, a prova del fatto che la richiesta di prodotto e di praticità era in forte crescita. Ma a dare la “botta di grazia” alla popolarità del rossetto rosso, sono state le suffragette. Con loro, le labbra rosse diventarono simbolo di indipendenza e dell’inizio della lotta per la parità di genere. La stessa Elizabeth Arden iniziò a produrre rossetti rossi per sostenere la causa.
Dagli anni ’30 in poi, il rossetto rosso iniziò a diventare la cosa più importante per il look di una donna. Da Frida Kahlo, che firmava con una macchia di rossetto le lettere a Diego Rivera, a Rita Haywort e alle star del cinema: il rossetto rosso era simbolo di sensualità, desiderio di rivalsa. Com’è poi noto, la crisi economica del ’29 fece ricercare un “pezzetto di lusso” nei rossetti, essendo le donne costrette a rinunciare al resto. Il fenomeno per cui, durante le recessioni, la vendita dei rossetti sia in impennata è chiamato “The Lipstick Effect”.
Le cose cambiarono un po’ con la seconda guerra mondiale. Da una parte Hitler condannò ufficialmente il rossetto rosso, facendolo diventare, in qualche modo, un marchio politico; dall’altra parte, il fatto che le donne dovessero per necessità ricoprire ruoli prima solo maschili, fece delle labbra rosse un tentativo per mantenere un aspetto femminile, cercando, nelle piccole cose, uno status di normalità. Inoltre , sempre in periodo di guerra, le donne truccandosi con il rossetto rosso rassicuravano i loro uomini, sul fatto che, comunque sia, sarebbe andato tutto bene.
E se nel 1912 Elizabeth Arden forniva i rossetti alle suffragette, anni dopo realizzò una particolare sfumatura di rosso proprio dedicata alle donne che stavano prendendo servizio alla Seconda Guerra Mondiale.
A guerra conclusa, il 90% delle donne americane indossavano il rossetto rosso e il suo utilizzo fu del tutto sdoganato. Da Marilyn Monroe, che pare truccasse le labbra per ore intere, a Rihanna e alla sua ossessione per Ruby Woo di MAC (ha addirittura scritto una canzone intitolata “Red Lipstick”), il passo è forse più breve di quanto potrebbe sembrare.
Questa è la ragione per cui secondo me, proprio questo è il momento migliore per continuare a parlare di bellezza: come ho sentito in una pubblicità che adesso non ricordo, nessun virus potrà mai far morire la bellezza, un argomento superficiale solo per chi è superficiale, non per chi lo considera nel modo che ti ho descritto, ovvero un tentativo di riaffermare la normalità ed affermare un proprio diritto guadagnato nel tempo.
Barbara
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